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martedì 30 settembre 2014

La sculacciata: perché farne a meno, domande e riflessioni.




"La sculacciata" è un regalo non solo per quei tantissimi giovani che ancora non hanno figli, ma anche (e soprattutto) un dono per tutti i bambini che nasceranno, i cui genitori avranno avuto la fortuna di leggerlo.” (Alice Miller)

La maggior parte dei mali che affliggono adulti e bambini (depressione, tendenza ad avere incidenti, delinquenza…) sono legati al modo in cui questi ultimi sono stati trattati in età evolutiva. Del resto, è stato forse dimostrato che schiaffi e sculacciate rendono più obbedienti i bambini? Migliorano forse l'apprendimento? Spesso non si riflette sull'impatto estremamente distruttivo di tali abitudini, e pensare che basterebbe così poco. Perché la gente non si pone domande come: è possibile educare senza picchiare? Se sì come?
Un libro davvero bello da offrire con urgenza a tutti i giovani genitori.La Croix

Un libro che si legge con facilità. Dalla prima all’ultima pagina pone domande che non lasceranno nessuno indifferente.
Cahiers de la puéricultrice

Esauriente, intelligente e istruttivo.Parents


Biografia Autore

Olivier Maurel è nato a Toulon nel 1937. Professore di lettere al liceo Dumont d’Urville dal 1965 al 1997, è padre di cinque figli. A partire dagli anni ’60, si farà promotore di numerose battaglie sociali contro la violenza nel mondo e il traffico di armi. Cresciuto con amore in una famiglia numerosa, saranno le letture dei libri di Alice Miller ad accrescere il suo interesse per il tema della violenza educativa; approfondirà le numerose ripercussioni sulla salute psico-fisica dei bambini, sul loro sviluppo, e farà emergere le drammatiche conseguenze che investono l’intera società. Maurel fonda l’associazione Oveo (Osservatorio sulla violenza educativa ordinaria), che ha lo scopo di descrivere tutte le forme di violenza comunemente accettate,  in tutto il mondo, a scuola e in famiglia. Tra i suoi numerosi saggi: La violence éducative, un trou noir dans les sciences humaines, éditions l'Instant Présent, 2012, Oui la nature humaine est bonne!, Robert Laffont, 2009, La Fessée: questions sur la violence éducative, La Plage, 2004, préface par Alice Miller (tradotto in Italia dal Leone Verde Edizioni), Oedipe et Laïos : Dialogue sur l'origine de la violence, Éditions L'Harmattan, 2003, La non violence active, La Plage, 2001

lunedì 29 settembre 2014

Bambini maltrattati a Taranto, sospese due maestre



L'indagine dopo le segnalazioni da parte dei genitori di una scuola materna con bambini dai tre ai cinque anni: una delle due insegnanti era di sostegno ad un portatore di handicap.


"I bambini erano terrorizzati, non volevano più andare a scuola" questo raccontano i genitori dei poveri piccoli maltrattati. Molti erano diventati inappetenti, taciturni, altri irascibili e violenti.
Luca (i nomi sono di fantasia) si faceva la pipì addosso, nonostante avesse raggiunto il controllo sfinterico da tempo. Stefano vomitava sui fogli da disegno. Mattia era terrorizzato dall'idea di dover andare a scuola. Quella scuola che per lui, come per i suoi compagni, era diventata un vero inferno.

Le madri si sono accorte dei repentini cambiamenti d'umore dei loro piccoli, i quali sono stati visitati da pediatri e dopo aver preso coraggio hanno iniziato a raccontare le crudeltà subite da coloro che invece avrebbero dovuto essere una guida sicura, un punto di riferimento.
Non riporto l'elenco delle percosse che queste due "insegnanti" hanno messo in atto, del linguaggio offensivo e mortificante che hanno utilizzato e che ha condotto alla creazione di un clima di terrore, perché intendo focalizzarmi invece sulla loro pena.
Una pena a parer mio quasi nulla: il gip Vilma Gilli ha firmato un'ordinanza di custodia cautelare di interdizione dalla professione per 2 mesi. 
I bambini invece saranno segnati da questi terribili episodi per tutta la loro vita.


E voi cosa ne pensate?


Milano, bambini dormono per terra in stazione Centrale



Ecco alcune foto che testimoniano le condizioni di degrado in cui alcuni bambini sono costretti a vivere





In questi giorni molti bambini, probabilmente profughi siriani, dormono per terra nella sporcizia, sopra un cartone o sul freddo marmo, tra sacchetti di viveri e rifiuti vari.

venerdì 14 giugno 2013

Manifesto visibile ai bambini: Chi salva un bambino, salva il mondo intero








Questo poster è stato realizzato in Spagna al fine di suscitare l'attenzione dei bambini che lo vedono per diventare uno stimolo di riconoscimento, di identificazione nel caso in cui a vederlo sia proprio un bambino maltrattato.
Il manifesto trasmette agli adulti un messaggio umanitario e ai più piccoli un informazione visibile unicamente ai loro occhi.
Il poster è stato ideato per consentire a quei bambini che subiscono violenza e che si trovano ad essere portati per strada dal loro crudele violentatore, di essere informati dell'esistenza di una possibile via d'uscita dalla loro ingiusta condizione.

mercoledì 22 agosto 2012

NO alle "botte a fin di bene"

La violenza fisica è un insulto all'integrità di chiunque, bambini compresi. (J. Juul)


In caso di violenza i responsabili sono sempre gli adulti: non soltanto quando sono loro ad esercitarla, ma anche nel caso opposto, cioè quando i bambini sono violenti nei confronti di genitori, fratelli o sorelle, amici o estranei.
In Svezia e in Norvegia è illegale per un genitore, insegnante e per chiunque altro picchiare un bambino. In altri stati lo è solo per un maestro. La punizione corporale, in tutte le zone del Nord America, è vista come disciplina necessaria ed è perfino incoraggiata.

Per quale motivo molti studiosi raccomandano di evitare le punizioni corporali come un "semplice" schiaffetto sulla mano?
"Le punizioni corporali esprimono il messaggio sleale e pericoloso della "legge del più forte", che è ammissibile ferire gli altri, purché essi siano più piccoli e meno potenti di quanto sei tu. Il bambino allora conclude che è lecito maltrattare bambini più giovani o più piccoli. Quando diventerà adulto, proverà poca compassione per quelli meno fortunati di lui, e avrà paura di quelli che sono più potenti. Questo renderà difficile instaurare relazioni che abbiano un significato, così essenziali per una vita emotivamente appagante.
Le punizioni compromettono il legame tra genitori e figli, perché è contro natura provare amore verso chi ci ferisce. Un autentico spirito di collaborazione come tutti i genitori desiderano può fondarsi solo su un forte legame basato su sentimenti di reciproco amore e considerazione. I castighi anche qualora sembrino funzionare possono produrre solo superficialmente un buon comportamento basato sulla paura, che potrà mantenersi fino a quando il bambino sarà abbastanza cresciuto per riuscire a fare resistenza. Al contrario la cooperazione basata sul rispetto dura per sempre, portando a molti anni di reciproca felicità mentre il bambino cresce e i genitori diventano più anziani".

Testimonianza

Vorrei condividere con voi questa testimonianza


"Sono stata una bambina picchiata. Spesso e selvaggiamente da piccolissima. Man mano che crescevo le botte sono diventate meno frequenti, restavano una soluzione per le grandi occasioni. Per punizione venivo respinta, ignorata, messa in castigo, subivo privazioni. Era comunque violenza, comunque disamore. Non ho mai rimosso il ricordo della brutalità e dell'ingiustizia di mio padre, non ho mai pensato che avesse ragione.
E ho conservato la memoria dei miei dolorosi sentimenti. Sono insomma rimasta in stretta sintonia con la bambina che ero. E questo mi ha sempre aiutato a entrare in contatto con i bambini, a capirli nelle loro esigenze più semplici, a sentirmi una di loro.
Nonostante questo però ho a lungo lottato contro il desiderio di avere un bambino mio. Tra le tante ragioni del mio rifiuto c'era il timore che non avrei potuto essere una buona madre, che avrei potuto ripetere su mio figlio la violenza subita. E forse temevo che il mio bambino mi avrebbe costretto a una definitiva resa dei conti con me stessa, con la mia segreta disperazione.

E così è stato. Per nove mesi ho sentito in me la lotta tra me e la mamma del mio bimbo, tra ordini di ragioni molto diversi tra loro. Man mano che il tempo passava, la mamma ha avuto il sopravvento, ha respinto la donna che c'era prima di lei e io mi sono un po' alla volta trasformata. Il mio istinto ha preteso questa metamorfosi, lo vedo adesso con grande chiarezza. E sono certa di aver accolto il mio bambino nel miglior modo che per me fosse possibile.

Solo che quello era solo l'inizio, e io fino ad allora l'avevo invece sentito come un traguardo. Una volta accettata l'esistenza di Carlo, ora andava accolta e accudita la sua vita giorno per giorno, e nessuno mai mi aveva insegnato che cosa fare. Credo che la maggiorparte delle mamme si trovi nella solitudine in cui mi sono trovata io di fronte a un'impresa così importante. Forte, fortissima, ma insieme fragile e vulnerabile, piena di bisogni che sconcertano. Bisogni che vengono soprattutto dal passato.

Per fortuna ad aiutarmi si è fatta stada un poco alla volta una meravigliosa consapevolezza: mentre il mio bambino cresceva, mentre lo accudivo ed esaudivo i suoi bisogni, quando lo vedevo felice, insieme la bambina umiliata dentro di me sanava le sue ferite, si liberava dalla maledizione dell'incomprensione e della violenza. Le veniva offerta una seconda possibilità per crescere e divenire sé stessa. Non so dirvi la gioia, l'entusiasmo e anche la gratitudine che ho provato per il mio piccolino.

Ma non c'è stato solo questo. Ci sono stati momenti di difficoltà, emergenze in cui mi sono ritrovata impotente e disorientata, piena di paura. Momenti in cui la sintonia con il mio lato materno e con quello infantile si è interrotta. Mi sono ritrovata ad essere una povera cosa senza forze e senza speranza. Momenti terribili in cui mi sentivo messa alla prova e disperavo di farcela. E allora dentro sentivo salire una rabbia che non credevo di poter ancora custodire, un odio profondo e distruttivo. E quest'istinto violento mi spingeva contro il mio bambino prima che contro me stessa. Ci sono state delle volte in cui, invece di cullarlo con amore, l'ho scosso con forza. E poi ho pianto stringendomelo addosso. Una volta l'ho buttato sul letto, un'altra gli ho mollato una botta sul sedere. E lui di solito, il mio piccolo tesoro, ha preso queste violenze come un gioco, mi ha sorriso, ha lasciato che lo stringessi subito carica di pentimento.

Oppure ho sentito il mio sguardo farsi furioso, minacciarlo e l'ho visto coprirsi gli occhi per non vedermi. E poi cercare di abbracciarmi stretta spaventato. E tutte le volte quello che facevo non era quello che avrei voluto fare, ma qualcosa che mi premeva da dentro e che non riuscivo a controllare. Inutile forse dire che l'istante dopo mi ritrovavo devastata dal mio comportamento e provavo orrore per me stessa. Sentivo il fallimento di aver riproposto un comportamento subito e sofferto atrocemente per mio conto. Come se il tempo della mia vita fosse passato invano e tutte le esperienze e le riflessioni fatte per affrancarmi dalla mia famiglia fossero passate invano. Mi ritrovavo ancora inguaiata in un sistema di violenze fatte e subite da cui credevo di essere fuggita per sempre. I mostri erano tornati.

Non saprei come altro chiamarli questi impulsi intrisi del ricordo dell'ira di mio padre che si scatenava contro di me, dell'incapacità di mia madre di difendermi o anche solo di farmi sentire che almeno in parte non era d'accordo.
Ma perché, mi chiedevo, tornano ora che ho con me un esserino adorato che ogni giorno mi aiuta a crescere e a capire meglio come sono e come vorrei essere e che cosa voglio dalla vita? Lui che finalmente mi fa sentire quanto posso essere diversa e lontana da quel modello.

Ero così sicura di aver superato i problemi connessi al rapporto con i miei genitori! Un'impresa che avevo sostenuto per tutta la vita, e che mi aveva impegnato soprattutto negli ultimi 15 anni, da quando avevo finalmente incontrato qualcuno che mi aveva amato per quello che ero e che io avevo amato a mia volta: l'uomo con cui vivo da ormai 16 anni e che è il padre del mio bambino.

Proprio con lui avevo avuto i motivi di maggiore tensione dall'arrivo di Carlo: noi, sempre d'accordo su tutte le faccende importanti, ci eravamo trovati spesso radicalmente in contrasto, quasi il nostro bambino, invece di unirci di più, ci avesse all'opposto divisi.

Mi ci sono voluti più di 2 anni per capire quel che ci è successo. L'illuminazione me l'ha data una lettera di una paziente citata da Alice Miller ne "Il dramma del bambino dotato". Diceva che l'unica forma di amore incondizionato è quella che esiste tra figlio e madre, o genitori. Io questo non l'avevo mai capito e avevo sempre pensato che il mio amore per mio marito, e il suo per me, dovesse essere di questo tipo. E penso anche di averlo amato per lungo tempo così, finché i miei bisogni non hanno cominciato a farsi insostenibili, visto che lui giustamente mi ha sempre amata in modo "condizionato", come è normale tra adulti che si scelgono. Mi è risultato chiaro allora che avevo traferito il ruolo che i miei genitori avrebbero dovuto avere per me su di lui, e che avevo fatto dipendere dal suo amore la mia autostima e la fiducia in me stessa.
Nei momenti in cui una tensione o un contrasto contraddicevano il tipo di amore di cui io avevo bisogno, ecco che mi ritrovavo senza difese, in balia dei miei mostri, sempre pronti a riacciuffarmi al minimo cedimento, e a scatenarsi sul mio piccolo.

A ripensarci infatti le mie crisi violente sono sempre coincise con i peggiori episodi di scontro tra noi due. In quelle occasioni perdevo ogni ragion d'essere, odiavo la vita, la mia e quella che avevo generato. Non c'è molto di strano, se per tutta la vita senti di non essere amata, voluta, accettata per quello che sei. Quando l'unica persona per cui conti qualcosa ti abbandona perché non le piaci e ce l'ha con te, che cosa ti resta? Se sei una donna equilibrata e matura, puoi pensare che si tratta di un momento passeggero che non incrina i sentimenti che provi da anni, né ne smentisce la solidità. Ma se dentro hai il vuoto, perché l'amore che ti avrebbe dovuto permettere di crescere e farti forte ti è mancato da subito, con una parte di te cerchi solo conferme del tuo fallimento, e, anche se lo fai con la riposta speranza di trovare smentite, lo fai comunque spietatamente, cerchi lo scontro, non lasci scampo a nessuno.

Chissà come avrei affrontato una crisi simile senza Carlo. Forse non mi sarei salvata. Credo che con una parte di me io anzi l'abbia chiamato a salvarmi, a salvarci dalla nostra segreta disperazione. L'ho invocato perché ci aiutasse a diventare persone migliori. E' ingiusto, ma credo che non ci sia mai un sentimento disinteressato che spinge a fare un figlio. Desiderarlo risponde sempre a un nostro riposto bisogno che non ci dà tregua e che cerca risposta. I nostri bambini vengono per salvarci, ne sono convinta. Anch'io ero venuta a salvare i miei genitori, ma i loro mostri non me l'hanno permesso".